Durante l’incontro con il Presidente dell’Autorità Portuale di Genova Luigi Merlo è emerso come elemento centrale e strategico il Piano Regolatore Portuale, in via di definizione, che deve ovviamente essere coordinato con il PUC della città. Il PRP, infatti, definisce le linee di sviluppo e le relative strategie da adottare, che devono innestarsi in strategie congruenti della città entro la quale il porto è innervato. Fra le numerose problematiche discusse durante l’interessante incontro, alcune sono risultate particolarmente stimolanti in termini strategici. La prima deriva dalla constatazione che nel porto di Genova sono praticamente assenti i grandi global carrier, per effetto di una propensione locale a difendere posizioni e privilegi consolidati. Ma è bastato che l’AP si muovesse nel senso di creare le condizioni ritenute necessarie da MSC, come i dragaggi dei fondali e la lunghezza della banchina della Stazione Marittima, per conseguire una posizione leader in Italia nel campo delle crociere, con una potenzialità ligure di oltre 2 milioni di passeggeri/anno. Si tratta di una prospettiva (un porto per le persone) di sicuro interesse, alla quale devono corrispondere iniziative cittadine in grado di sostenere questa potenzialità. Il secondo elemento di rilievo emerso nella discussione riguarda le dimensioni del porto e della città, ipotizzate nei rispettivi piani; sono congruenti fra loro? Il porto deve, in prospettiva, affrontare anche problemi di insediamenti industriali sulle aree demaniali di competenza e uno sviluppo dimensionale dei traffici non può non riguardare lo spostamento della diga foranea verso mare, anche per consentire l’accesso alle navi “madri”, più lunghe e con maggior pescaggio. Si capisce che a uno sviluppo in tal senso deve corrispondere un’aumentata capacità a terra di smaltire traffico merci, possibilmente senza peggiorare la vivibilità e tenendo conto di una diminuzione nel tempo dei vantaggi economici marginali. In questo senso occorre un impegno a rivedere le politiche di impiego delle risorse sia umane sia tecnologiche per migliorare la competitività. Il grande aumento delle dimensioni dei global carrier, corrispondente a un aumento degli interscambi su scala mondiale, rende necessaria una maggiore consistenza amministrativa e dimensionale dei porti per poter svolgere un ruolo adeguato di interlocuzione. Da questo punto di vista una strategia che si fa strada è quella della scala dei porti e della loro confluenza in sistemi regionali o di contesto. Per un “sistema dei porti liguri” il dibattito ha manifestato grande attenzione e adesione, auspicando che si realizzi al più presto una regia regionale, capace di garantire integrazione delle politiche, coordinamento delle iniziative (a partire dalla stesura di PRP contestuali per i tre porti liguri), sinergie nell’uso delle risorse. Infine è stato fatto un cenno alla “cultura dei porti e del mare”, come caratteristica storica e peculiarità tipica di Genova, sulla quale occorrerebbe puntare per superare barriere all’innovazione e per valorizzare non solo la ricerca a tutto campo sui variegati temi che interessano i porti e il mare in termini di organizzazione, tecnologie, strategie economico-operative, ma anche per qualificarsi a livello mondiale come portatori di competenze consolidate e soluzioni originali. In questo senso, e non solo, diventa strategica un’azione di collegamento con il Mediterraneo, che rimane un luogo privilegiato di traffici, come dimostrano gli investimenti effettuati o preannunciati in Nord Africa e in Turchia, e un crocicchio di culture antiche, ma capaci di rinnovate sinergie positive.
Pier Paolo Puliafito
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