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Newsletter n. 11/2010 Cronache americane

                                                   

 OBAMA: PARENTESI EFFIMERA?

Di
Marco Vezzani

La
(prevista) sconfitta dei democratici, e dunque di Obama, nelle elezioni di
mezzo termine ha avuto due interpretazioni:per gli oppositori del primo presidente
di colore, la vittoria della destra ultra liberista e antistatalista è il
segnale che Obama sarà una parentesi effimera nella storia americana; per i
suoi sostenitori è normale che l’
“incumbent” perda le elezioni a metà mandato; e poi c’è la crisi, ci sono stati
errori di comunicazione ecc.

A
mio avviso, c’è del vero in entrambe le tesi; se però devo seguire quel che
vedo e sento, non posso che esprimere un certo pessimismo.

Va
detto anzitutto, a favore (ma fino a un certo punto) della lettura “ottimista”,
che i repubblicani hanno preso meno voti di McCain: la differenza l’hanno fatta
gli elettori democratici che sono rimasti a casa; i più radicali perché delusi,
ma molti (lavoratori bianchi e moderati) perché convinti viceversa da molte
delle argomentazioni repubblicane (eccesso di aiuto agli “sciuponi”, a
discapito dei lavoratori, riforma sanitaria costosa e inutile per loro).

È
inoltre vero che le elezioni di mezzo termine sono spesso un disastro per i
presidenti in carica, così come è vero che la comunicazione questa volta non ha
aiutato Obama, che del resto è stato invece giudicato positivamente dall’Economist (aiuti a banche e imprese,
riforma sanitaria). Purtroppo, come ben sappiamo in Italia, a votare non è l’Economist ma gli elettori.

E
la verità è che, dopo l’ elezione di Obama e con l’ incancrenirsi della crisi,
si è rimessa in moto l’ anima anarco liberista del popolo americano, quella del
“tea party” che ha rottamato senza rimpianti il compassionevole Bush e si riallaccia idealmente alle lotte dei
coloni contro le tasse e lo stato federale, all’ esasperato culto della libertà
del pioniere col fucile in una mano e la bibbia nell’ altra che scaccia l’
emigrante clandestino come ieri cacciava gli indiani.

Difficile
spiegare a costoro, come cercano di fare forse in modo troppo intellettuale
Obama e i democratici che il mondo è cambiato, che la competizione è globale,
che lo stato federale ha in realtà salvato gli Stati Uniti dal baratro.

Questa
America rabbiosa è rappresentata dalla mia vicina, che aveva peraltro votato
Obama, che mi chiede perché mai debba pagare per gli spreconi che hanno
sottoscritto mutui per comprarsi case più belle della sua, perché sempre lei
debba farsi carico di chi rifiuta il lavoro (spazzatura) che gli viene proposto
per rimanere nel programma di assistenza, perché lei abbia perso il lavoro e i
dipendenti pubblici no. Cosa risponderle?

E
naturalmente chi diffonde questa visione si salda facilmente con le lobby
industriali, con gli anti ambientalisti, con i fondamentalisti cristiani e
riesce anche ad esprimere una nuova classe politica aggressiva, giovane e
capace di rubare a Obama l’arma di internet e della comunicazione: non solo
Sarah Palin ma molti altri neo senatori
e governatori come Marco Rubio, capace in Florida di stracciare non solo il
candidato nero sconsideratamente scelto da Obama ma anche l’ esperto ex
governatore Christ, che ha corso come indipendente dopo aver perso le primarie.

In conclusione, Obama può ancora vincere se
saprà comunicare meglio e convincere i cittadini di quanto il suo cauto ma
deciso riformismo abbia giovato all’ economia del paese; ma la vera novità di
oggi è il riemergere negli USA di una destra antica e ammantata di nuovo, che,
a suo modo, sa collegarsi alle paure e ai sentimenti profondi di molti
americani, sa comunicare con messaggi semplici ed efficaci parlando alla loro
“pancia”. Batterli non sarà facile, neanche per Obama; e del resto, in Europa,
le cose non sono poi così diverse …

 
 
 
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